Capitolo
84 L'ultimo muro abbattuto
Il
pranzo passò veloce e allegro. Circondato dal loro affetto e dalla
loro euforia quasi mi scordai di mangiare.
Era
strano, era come se un velo che ricopriva i miei occhi fosse stato
squarciato all'improvviso.
Mi
sembravano tutti più vivi, più allegri, più... più loro. O
forse finalmente ero io che vedevo le cose come dovevano essere.
Nessuno
fece battute strane, nessuno osò neanche nominare l'accaduto o
alludere lontanamente ai miei problemi o a quello che era successo
nei giorni precedenti.
Era
come se tutti avessero cancellato la memoria, e avessero deciso di
ripartire da capo.
Se
all'inizio ero teso e nervoso alla fine ridevo e scherzavo come non
avevo mai fatto con il cuore e l'anima finalmente sereni.
Bella
seduta al mio fianco rise e scherzò con noi ma come me mangiò con
una mano di meno.
Entrambi
per tutto il tempo rimanemmo con le mani strette uno all'altra sotto
al tavolo, a crogiolare e godere di quel contatto così superficiale
ma così insperato e intimo tra di noi.
“Allora
apriamo lo spumante?” chiese alla fine mio padre tornando dalla
cucina con tre bottiglie chiuse.
“Dai
papà una l'apro io” disse Emmett allungando le mani. Carlisle
sorrise e gliela passò mentre allungava la seconda a Jasper che si
era alzato in piedi per prenderla. Normalmente la terza l'apriva papà
o Charlie. Era un rito che non mi interessava, e che anzi
m'inquietava parecchio.
Il
botto mi faceva sussultare e più di una volta mi ero allontanato con
una scusa tornando quando avevano già versato nei bicchieri.
“La
terza l'apri tu? Edward?” mi chiese mio padre guardandomi
sorridente.
Annui
felice e allungai la mano libera per afferrarla.
“Edward
servono entrambe le mani per aprire la bottiglia, lo sai vero?” mi
prese in giro Emmett.
Divenni
rosso mentre mollavo la mano a Bella per darmi da fare con la carta
che la ricopriva.
E
quando facemmo saltare i tappi mi voltai verso il mio fratellone
bagnandolo tutto.
“Oh
scusa Emmett. Avevi ragione ci volevano due mani” affermai facendo
scoppiare a ridere tutti mentre Emmet mi guardava stralunato.
Ovviamente
non finii il pranzo asciutto con un gran sospiro di Esme che
minacciò di metterci a pulire tutti quanti. Ma lo disse con un
sorriso tale che invece di smetterla scoppiammo a ridere e bagnammo
pure lei.
Dopo
pranzo e dopo che tutti assieme avemmo ripulito la stanza e messo in
ordine la cucina, iniziammo a scambiarci i regali. Io non avevo fatto
in tempo a comprare nulla e chiesi scusa mortificato a tutti.
“Ma
tu ci hai fatto il regalo più bello” mi disse Carlisle
sorridendomi.
Lo
guardai stupito e lui scosse la testa divertito dal mio stupore.
“Il
tuo sorriso Edwrad. Non sai quanto a lungo l'ho desiderato”
aggiunse emozionato stringendomi ancora una volta a se.
Li
avevamo aperti tutti e avevo come al solito ricevuto una quantità
di oggettini bellissimi non tanto per il valore ma perché
rappresentavano l'amore della mia famiglia.
“Un
attimo di silenzio” alzò la voce mio padre interrompendo le
risatine delle mie sorelle che avevano regalato ai propri fidanzati
dei boxer rossi con qualche disegno allusivo.
Ci
zittimmo tutti per ascoltarlo e lui prese la parola.
“Questo
è un Natale speciale per la nostra famiglia.” iniziò a parlare
guardandomi negli occhi mentre diventavo rosso per l'imbarazzo “ma
non solo perché Edward ha finalmente deciso di regalarci il suo
sorriso...” continuò facendomi l'occhiolino.
“Ma perché siete diventati tutti grandi, avete imparato a gestirvi e a volervi bene, senza distinzioni, esattamente come dei veri fratelli... ” continuò mia mamma.
“Ma perché siete diventati tutti grandi, avete imparato a gestirvi e a volervi bene, senza distinzioni, esattamente come dei veri fratelli... ” continuò mia mamma.
“Ed
è per questo che volevamo farvi un regalo speciale” finii mio
padre
Poi
prese dal mobile cinque scatoline di velluto e ce le porse ad ognuno
di noi figli.
“Vedete
tanti anni fa per riportare Edward e Alice a casa io e vostra madre
abbiamo fatto un atto ufficiale che rende Edward il mio successore
come titolo. Ma nello stesso tempo anche un testamento per dividere i
nostri beni in parti uguali.” alzai lo sguardo stupito. Non
immaginavo nulla di tutto ciò mentre incrociavo lo sguardo stupito
di Emmett e saputello di Alice. Lei lo sapeva capii, ma non feci
domande, non era il momento poi avrebbe dovuto spiegarmi come e
quando lo aveva capito.
Mio
padre dopo una pausa riprese la parola. “E due giorni fa con Esme
abbiamo modificato il testamento. Da oggi in avanti tutto ciò che
verrà aggiunto sarà invece diviso in cinque perché Jasper e
Rosalie sono diventati parte della famiglia a tutti gli effetti visto
che è arrivata la comunicazione del tribunale che lo attesta e
perché hanno già intestato i beni della loro famiglia d'origine.”
concluse sicuro che noi avremmo capito.
E
non si sbagliava perché sul volto di ciascuno di noi c'era un gran
sorriso mentre ci guardavamo coscienti di essere dei veri fratelli,
coscienti dei vincoli che ci univano gli uni con gli altri che
andavano ben oltre a quelli di una semplice carta bollata.
Ancora
stupiti e incuriositi dalle sue parole ci affrettammo ad aprire la
misteriosa scatolina.
Dentro
c'era lo stemma della sua famiglia. Per noi maschi montato su un
braccialetto di cuoio per le ragazze appeso a una catenella
d'argento.
“Questo
è il simbolo della mia discendenza. E voi, siete tutti eredi
dei Conti Cullen” concluse sorridendoci emozionato ed orgoglioso
mentre stringeva a se mia mamma.
“Per
te è già pronto...” la sentii sussurrare a Bella con un sorriso
felice.
Non
avevo mai saputo ciò che avevano fatto pur di riportarci a casa, non
avevo idea di quanto avessero lottato e non immaginavo neanche
lontanamente che mai avrei potuto avere un titolo. In fin dei conti
ero solo un orfanello, un ragazzo che se non fossero arrivati loro
sarebbe impazzito e forse anche morto suicida. Mi sembrava ancora
così strano di essere circondato da così tante persone che mi
amavano, e fui felicissimo di ricevere lo stemma di mio padre ma
ancora di più di sentirlo affermare che ero suo figlio con
orgoglio. Lo avevo fatto impazzire, gli avevo dato una montagna di problemi, eppure... eppure mi amava come
il primo giorno che lo avevo visto all'orfanotrofio.
Non
avrei mai dimenticato i miei genitori reali, ma ero finalmente
riuscito ad accettare l'accaduto e soprattutto ero convinto che
fossero felicissimi di sapere quanto i miei nuovi genitori mi
amassero.
Forse
lassù dal cielo avevano fatto si che loro scegliessero proprio noi,
forse la scelta di adottarci era stata in qualche modo indirizzata
dai miei veri genitori che avevano scelto questa coppia meravigliosa
capace di amarci e di amare me malgrado tutti i problemi che mi ero portato dietro.
E
anche il pomeriggio passò sereno come non mi era mai successo. Tigro
mi osservava dal comò ridere e giocare con la mia famiglia.
E
fu quasi all'ora di cena che mamma annunciò che sarebbero andati via
con Carlisle e Charlie a cenare da una loro amica e che sarebbero
rientrati la mattina successiva.
Rimanemmo
tutti un po' perplessi da quella decisione così inaspettata ma in
fondo avevano ragione ormai eravamo grandi e poi dal volto rosso di
Charlie capimmo tutti che la professoressa Sue doveva avere un certo
interesse per il nostro sceriffo.
“Bella,
rimane con noi Charlie. Anzi potrebbe fermarsi a dormire qui.”
affermò Alice entusiasta.
Nessuno
si oppose, evidentemente era un fatto ormai scontato dal momento che
non era la prima volta che lei veniva ospitata sul divano in camera
delle ragazze.
Quando
furono usciti mi domandai cosa avremmo cucinato per cena, non era
avanzato molto dal pranzo.
“Pizze”
affermò Alice sorridente “Stasera pizza” ribadì compiaciuta
dalla sua idea.
“Ok
allora io e Jasper andiamo a comprarle. Come le volete?” chiese
Emmett alle due ragazze con un aria furbastra che non mi piacque per
nulla.
“Non
lo so proprio” affermò Rosalie guardando Alice negli occhi e
ridacchiando.
“Neanch'io.
Sai quasi quasi veniamo con voi. Così scegliamo.” rispose
sorridente la mia gemella.
I
ragazzi si affrettarono ad annuire e Jasper si rivolse a me e Bella
“Allora noi andiamo. E ci metteremo un po'. Non volete venire con
noi vero?” ci chiese facendomi l'occhiolino.
Lo
guardai allibito. Non riuscivo a capire, erano solo le sei del
pomeriggio. C'era tempo dove diavolo volevano andare a prendere le
pizze? Fino in Canada? E perché mi guardavano tutti con uno strano
risolino stampato sul viso?
“No
Jasper. Ho freddo. Noi rimaniamo qua ad aspettarvi” rispose di
corsa Bella per entrambi.
La
guardai stupito. Aveva le guance in fiamme, come poteva aver freddo?
“Bene.
Così Edward ti scalda... ahi” rispose Emmett avendo ricevuto una
gomitata da Rosalie.
“Allora
due margherite per voi” affermò Alice mentre si affrettava ad
uscire e a spingere fuori il mio fratellone che protestava
“Insomma... se non ci è arrivato...”
La
porta si chiuse e all'improvviso mi resi conto di essere rimasto solo
in casa con Bella. Un silenzio irreale e inusuale ci avvolse.
“Hai
freddo?” le chiesi titubante domandandomi ancora una volta come
fosse possibile.
Lei
mi sorrise e mi prese la mano “Perché non ci sediamo vicini al
fuoco?” mi chiese.
Annui
ed andammo a sederci vicini sul tappeto davanti a quella calda fiamma
che riscaldava l'ambiente e i nostri cuori.
Il
silenzio regnava sovrano solo interrotto dal crepitare del fuoco e
dai nostri respiri mentre sentivo il mio cuore nel petto battere
frenetico proprio come il suo.
Le
fiamme danzavano, indifferenti a noi, inondandoci con il loro calore,
riscaldando e creando un atmosfera surreale.
Lei
seduta vicino a me con la sua mano stretta nella mia cambiò
leggermente posizione posando la testa sulla mia spalla e posando la
mano libera sul mio collo.
“E'
così bello qui” mormorò.
Io
le sorrisi grato per quel contatto, felice di sentirla appoggiata a
me fiduciosa e girandomi la guardai sorridere felice mentre
chinandomi le appoggiavo le mie labbra sulle sue.
Erano
così morbide e accoglienti.
Lei
mi sorrise ricambiando il mio bacio, approfondendolo, rifiutandosi di
staccarsi mentre la sua mano scivolava sulla mia nuca andando a
giocare con i capelli.
“Ti
amo Edward” mi disse poi fissando i suoi occhi nei miei.
“Anch'io”
le sussurrai dandole un bacino sul naso imbarazzato.
Non
sapevo cosa fare. Avevo voglia di accarezzarla, di sentire la sua
pelle sotto le mie dita ma anche paura. Paura di fare le cose
sbagliate, paura di poterle fare in qualche modo male, paura di
spaventarla o di osare troppo.
Non
avevo mai conosciuto l'amore o il piacere del sesso. Le uniche mie
esperienze erano state traumatiche e dolorose a parte quello che
avevo fatto con Danny... che non era decisamente molto lusinghiero.
Ma
adesso lui non c'era e c'era invece Bella in carne ed ossa, non più
la mia immaginazione ma lei vera e reale. E se... un brivido mi
percorse lungo la schiena.
Ero
veramente un ragazzo? Sarei stato in grado di… non osai proseguire
nei miei pensieri ingoiando a vuoto, terrorizzato di scoprire di
essermi illuso, spaventato di poterla deludere.
Insomma
avevo paura. Paura per lei e paura per me.
Rimanemmo
ancora in silenzio qualche minuto, vicini consapevoli di quello che
avremmo voluto fare ma bloccati dal muro di paure che stavo
nuovamente alzando fra di noi.
“Edaward”
mi disse poi lei allungando una mano sul colletto della mia camicia.
“Posso?” mi chiese poi timidamente.
Io
la guardai. Mi stava chiedendo il permesso di toccarmi, di
approfondire il nostro rapporto.
Probabilmente
aveva paura che fuggissi ma io desideravo sentire la sua mano sul
mio corpo, solo non sapevo come avrei reagito.
Mi
limitai ad annuire mentre l'accarezzavo il volto.
Lentamente
lei mi sbottonò i primi tre bottoni poi si chinò e mi baciò dove
iniziava la lunga cicatrice.
Ebbi
un fremito. Un misto tra il piacere e la paura.
“Bella
io non so... se...” mormorai tremando dentro di me a quel contatto
così diverso, così bello, così ricco di aspettative.
Lei
mi sorrise.
“Lasciami
fare non avere paura” mi mormorò dandomi ancora un bacio sulle
labbra mentre la sua mano iniziava ad accarezzarmi il collo e il
petto.
“Sei
bellissimo Edward” mi disse.
Io
chiusi gli occhi, volevo gustarmi quel tocco così caldo e piacevole
ma invece l'immagine del mostro attraversò un ultima volta il mio
cervello costringendomi a chiudere gli occhi “No” mormorai mentre
una lacrima scivolava dagli occhi.
“Guardami
Edward” mi ordinò imperiosa “Apri gli occhi e guardami”
continuò sempre autoritaria.
Ubbidii
ma subito abbassai lo sguardo vergognandomi di quello che ero, e
odiandomi perché non riuscivo a dimenticare.
“Ho
detto di guardarmi” m'intimò lei. “Chi sono Edward?” mi chiese
dura. “Chi sono io?” continuò al mio silenzio.
“B...
Bella. Sei Bella” le risposi in un mormorio stentato.
“Allora
non levare gli occhi dai miei, e rilassati perché io non sono Lui e
ti amo e non intendo farti del male. Lui è morto. Lui non c'è più.
Lui non potrà più toccarti. Ma io invece sono qua, sono reale e
voglio amarti ed essere amata da te.” affermò mentre si sedeva
cavalcioni su di me.
E
lentamente senza distogliere gli occhi dai miei, iniziando a baciarmi
le labbra, le sue mani scesero ad aprire la mia camicia e poi la
sfilarono lasciandomi con il petto nudo.
“Vuoi
levarmela tu?” mi chiese poi tirandosi fuori la sua dai pantaloni.
Ero
nervosissimo ma sapevo che dovevo avere fiducia in lei, dovevo
imparare a capire quanto fosse bello amare, quanto fosse diverso
sentirsi accarezzare da lei, e finalmente dimenticare e lasciarmi
andare. Così con le mani tremanti dall'emozione e dalla tensione
iniziai ad aprirle la camicetta. E ad ogni bottone i miei gesti
diventavano più sicuri, più rapidi mentre guardavo i suoi occhi
bruciare d'amore e sentivo sotto le mie dita la sua pelle calda e
liscia.
Quando
la camicetta fu aperta ebbi un fremito mentre le accarezzavo la pelle
così morbida, così bella e liscia. E quando si slacciò e sfilò
il reggiseno rimasi a guardarla stordito e affascinato. Fu nuovamente
lei a guidare i miei gesti e dopo avermi dato un ultimo bacio
avvicinò il mio viso a loro.
Non
mi disse nulla ma sapevo ciò che voleva e ciò che io mi resi
conto desideravo da morire.
La
baciai a lungo, leccando e succhiando, finalmente dimentico dei miei
problemi conscio del piacere che ci attraversava come una scossa
elettrica mentre le mie mani scorrevano sulla sua schiena. Era
morbida e calda. Anche lei mi accarezzava dolcemente alternando la
schiena e le spalle ai miei capelli.
Ed
io stavo letteralmente impazzendo nel sentirla così vicino a me, nel
sentirmi finalmente così uomo.
Perché
per la prima volta mi sentii il pene indurirsi e premere per uscire,
lo sentii prendere vita e reclamare in maniera smaniosa la sua
libertà per dimostrarmi quanto maschio fossi realmente e quanto
dolce fosse il frutto dell'amore.
Ma
io questa sera non lo avrei accontentato. Aveva aspettato tanto e
avrebbe continuato ad aspettare.
C'era
tempo. Perché avevo ancora tante cose da scoprire, tanti muri da
abbattere, tante paure da superare. E soprattutto non c'era fretta,
perché certe cose bisogna saperle gustare, perché entrambi volevamo
farlo nel modo e nel momento giusto. Non volevo sprecare con la
fretta quelle sensazioni nuove, volevo gustarmi tutto, avevo anni e
paure da recuperare e volevo farlo quando mi sarei sentito in grado
di affrontare senza timore quello che mi aspettava, tutte le mie
paure che sapevo erano pronte a rispuntare, ma soprattutto volevo
scoprire e godermi tutte le emozioni che sapevo mi avrebbero
travolto.
Troppo
a lungo avevamo desiderato questo momento, troppo a lungo avevo
aspettato di scoprire quanto bello fosse sentirsi uomo per bruciare
tutto con la fretta. C'è un tempo per tutto e adesso era quello
della scoperta, dell'attesa, perché finalmente entrambi sapevamo che
non sarebbe stata infinita ed entrambi volevamo gustarci ogni
piccola ma enorme conquista che avremmo fatto.
Così
quella sera ci limitammo a baciarci e ad accarezzarci. Entrambi
estasiati dalla scoperta dei nostri corpi e dalla scoperta di quelle
nuove sensazioni, ebbri d'amore e appagati da quelle piccole
conquiste.
Ci
bastò questo perché era già una speranza realizzata, un traguardo
da noi considerato irraggiungibile.
Era
bellissimo sentirsi maschio e scoprire quanto lo fossi, quanto
piacere ci poteva essere anche solo dietro ai baci o alle carezze.
Era
bellissimo sentire il suo corpo e il mio nudi vicini, sentirmi
accarezzare con amore e poterla stringere a me e sapere che lei era
felice tra le mie braccia.
E
quando i miei fratelli a tarda notte tornarono ci trovarono vestiti
e addormentati davanti al fuoco uno fra le braccia dell'altro, sereni
e sorridenti.
“Sono
bellissimi” mormorò Alice stringendosi a Jasper con gli occhi
pieni di lacrime di felicità.
“Venite,
andiamo, lasciamoli dormire in pace” aggiunse lui dopo aver
caricato il caminetto.
Rosalie
invece ci coprì con una coperta e silenziosamente si allontanarono
tutti lasciandoci soli in compagnia del nostro amore.
La
notte più bella e serena della mia vita, perché la prima di una
lunga serie.
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