venerdì 29 marzo 2013

Capitolo 72 La chiave del mistero


Capitolo 72 La chiave del mistero

Carlisle

Quando eravamo arrivati a casa era ormai notte fonda.
Edward dormiva tanto profondamente e beatamente che non avevo avuto il cuore di svegliarlo ed aiutato da Emmett e Jasper lo avevamo messo a letto senza svegliarlo.
Ci avevano tutti aspettato alzati, preoccupati, e velocemente gli raccontai l'accaduto senza scendere nei particolari.

“Vedete. Quello che ha passato lo ha bloccato e non si sentiva normale come ha infine raccontato ad Alice.
Ma l'ho portato da un collega specialista che gli ha confermato di non avere problemi fisici, era ed è stato solo un blocco psicologico. Ma adesso sta bene. Quindi evitate discorsi e battutine, altrimenti lo metterete solo in imbarazzo. La cosa migliore è far finta che non sia accaduto nulla.” conclusi preoccupato della reazione dei fratelli che avevano sentito la sua disperata confessione.
“Tranquillo papà. Non siamo dei deficienti” mi rispose Emmett sorridendo.
Già come avevo fatto a dubitare? Probabilmente era stata la tensione nervosa e la stanchezza. Nel mio cuore sapevo benissimo che loro gli sarebbero stati vicini nella maniera giusta, erano fratelli e gli volevano bene sul serio come avevano già dimostrato.
“Se solo avessimo capito...se solo avesse parlato prima, gli avremmo evitato tanti problemi e avremmo potuto aiutarlo senza arrivare a questo punto. ” disse Esme scuotendo la testa avvilita. Anche lei si stava facendo gli stessi sensi di colpa che mi ero fatto io.
“Credo che non avesse capito neanche lui fino in fondo. Mentre mi parlava con la testa non era presente. Probabilmente è riuscito a tirare fuori tutto e a capire solo parlandomi, solo in reazione alle mie accuse.” disse piano Alice con le lacrime agli occhi.  “Mi vergogno tanto per quello che ho detto. La colpa è solo mia” mi sussurrò.
Vidi Jasper stringersela a se “No Alice, hai fatto bene, facendo così lo hai fatto uscire allo scoperto. Doveva liberarsi di quel peso che l'opprimeva e vedrai che finalmente riuscirà a vivere un po' meglio.” la confortò lui.
“Credo che qualcosa sapesse Alice, si stava rendendo conto di quello che succedeva, probabilmente però il suo subconscio rifiutava di accettare la verità” spiegai piano, immaginandomi quanta sofferenza nel ricordare dovesse patire ogni volta.
“Quindi adesso starà bene. E' tutto passato” affermò Rosalie sorridente.
Scossi la testa tristemente.
“La paura per quello che è successo e che quel Lui lo trovi nuovamente, rimarrà Rosalie. Probabilmente riuscirà ad essere più sereno, più sicuro di se stesso, più consapevole di essere stata solo la vittima di una cattiveria, non un essere diverso dagli altri, ma il passato non si cancella e le minacce neanche” spiegai sospirando.
Uno starnuto di Jasper mi riportò alla realtà.
“Andiamo a letto tutti, che domani voi andrete a scuola. Dobbiamo comportarci come se nulla fosse successo. E' l'unico modo per dargli tranquillità. E voi due prendetevi un Aspirina, che oggi vi siete presi una brutta botta di freddo” dissi ai miei due eroi.
Con calma li avrei ringraziati ma sapevo che sarebbe stato inutile, non lo avevano fatto per me, ma per Edward, al quale sapevo si erano affezionati.
Il mio bambino non aveva solo due genitori ma due fratelloni chioccia, che silenziosi vegliavano su di lui.


Edward

“Edward” mi sentii chiamare dolcemente. Era la voce di Esme.
Pigramente aprii gli occhi e vidi il suo volto chino sul mio.
Le sorrisi mentre lei allegra mi diceva “Buongiorno. E' l'ora di svegliarsi è quasi mezzogiorno. Il pranzo è pronto e avrai sicuramente fame”
Sbattei gli occhi ancora stordito mentre la vedevo aprire le tende e far entrare il sole in camera.
“Mezzogiorno?” chiesi con la voce ancora impastata dal sonno. “ma quanto ho dormito?”
“Quasi tredici ore. Eri stanchissimo Edward. Non ti sei neanche accorto che ti abbiamo spogliato e messo a letto” mi rispose lei sorridente sedendosi sul letto e facendomi una carezza nei capelli.
“Davvero?” non riuscivo a crederci. Non avevo mai dormito così tanto e così bene. Avevo sognato ma erano stati sogni belli popolati soprattutto da Bella. All'improvviso mi venne in mente Alice. Chissà cosa le avevo fatto passare...
“Alice. Come sta?” chiesi preoccupato.
“Adesso bene Edward. E' a scuola con i tuoi fratelli. Tu eri troppo stanco per andarci. Ma domani ti tocca, è l'ultimo giorno prima delle vacanze. Quindi alzati e vieni a mangiare così poi fai i compiti” mi rispose allegra facendomi una coccola in testa.
Ma come era possibile? L'avevo fatta preoccupare e disperare. Avevo cercato di uccidermi e lei invece di sgridarmi mi faceva le carezze?
La guardai stupito e preoccupato e lei mi sorrise.
“Edward. Non è successo nulla. L'importante è che tu adesso ti senta bene” mi sorrise “ E fatti una doccia. Hai ancora il sale addosso” riprese poi uscendo dalla camera sorridendomi.
Mi lavai e poi scesi a mangiare.
Sembrava non lo facessi da anni perché spazzolai tutto con un appetito da far invidia ad Emmett.
Poi mi sedetti al tavolo in sala a studiare aspettando che i miei fratelli tornassero a casa. Non vedevo l'ora di abbracciare Alice e controllare che stesse bene, anche se avevo un po' di ansia all'idea di affrontare i miei fratelli dopo tutto quello che era successo.


Alice

Stanchi per le poche ore di sonno della sera prima, andammo a scuola. Aveva ragione papà, se ci avesse trovati a casa si sarebbe sentito in imbarazzo. Dovevamo far finta di nulla, riprendere le nostre vite come se non fosse successo niente.
Così ancora mezzo addormentati, ci presentammo a lezione.
Jasper ed Emmett non facevano altro che starnutire e soffiare il naso.
Speravo che non gli venisse la febbre mentre scherzavano fra di loro su chi stesse peggio.
Mi recai in classe e trovai Bella ad aspettarmi.
Non l'avevo più richiamata, e mi vergognai un attimo, ma d'altronde papà aveva chiamato per dirci che Edward stava bene che era ormai notte e non mi era sembrato il caso di svegliarla.
Avrei dovuto raccontarle tutto. Ne aveva il diritto dal momento che aveva scatenato lei quel pandemonio, ma nelle prime due ore avevamo il compito in classe di matematica. Avrebbe dovuto aspettare l'intervallo per avere notizie.

Bella

Ero impaziente di vedere Alice. La telefonata con Esme mi aveva scosso, così quando la vidi entrare in aula le sorrisi felice. Non so perché ma avevo il terrore che non si sarebbe presentata.
“Ciao Alice. Come sta tuo fratello?” le chiesi subito in ansia per lui non avendolo visto arrivare.
“Adesso bene. Ma oggi non è venuto a scuola, era troppo stanco. E' una storia lunga... è successo di tutto. Nell'intervallo ti racconto” mi sussurrò mentre tirava fuori i protocolli per il compito in classe.
Annui curiosa. Avrei ascoltato la sua storia ma le avrei anche fatto la domanda che mi girava per la testa e che mi aveva torturato per tutta la notte. Quella domanda che era nata dopo aver consultato la lista di Charlie. E se avessi avuto ragione...


Charlie


Avevo passato al nottata parlare con le famiglie dei ragazzi uccisi, per levarmi l'ultimo dubbio. Solo una non aveva saputo darmi risposta. I genitori erano deceduti un anno dopo la morte violenta del ragazzo. Ma le altre avevano confermato i miei sospetti. Tutti si erano recati al Luna Park nei giorni precedenti alle sparizioni.
Adesso avevo ben chiaro ciò che avevo davanti e sapevo il perché il Mostro di Natale agisse così e anche dove avrei potuto trovarlo.
Ma non sapevo con esattezza chi fosse e dove si rifugiasse di preciso anche se un orrendo sospetto mi attraversava la mente.
Purtroppo l'unico che avrebbe potuto confermare il tutto era Edward.
Lui era la chiave di tutto, perché lui aveva quello che il Mostro considerava il suo marchio, quello che aveva cercato negli altri ragazzi inutilmente e che Edward inconsapevolmente portava su di se.
Perché Edward era ciò che il Mostro cercava e gli altri non erano stati che sostituti. Tutti avevano gli stessi occhi verdi e la stessa corporatura. Tutti avevano gli stessi anni di Edward.
Tutti avrebbero potuto essere scambiati per lui cresciuto...

Quando arrivai in ufficio non persi tempo. Non c'era più tempo da perdere. Il Luna Park era già in città da alcuni giorni e il Mostro non avrebbe tardato a colpire nuovamente.
Perché il Natale era alle porte e lui colpiva ciò che vedeva, lui cercava nella massa di ragazzi... coloro che potevano essere Edward.
Presi il telefono e chiamai Carlisle.
Speravo che lui fosse a casa. Con lui presente sarebbe stato più semplice affrontare Edward, convincerlo a parlare. Quell'uomo aveva la capacità di calmarlo e farlo ragionare.
Ma purtroppo il mio amico era in ospedale a lavorare. Con la voce stanca ma soddisfatta mi raccontò ciò che era successo. Mi raccontò della confessione infine venuta fuori dalle sue labbra, del tentato suicidio e di come lo avesse portato dall'amico per cercare di donargli un po' di pace.
Lo stetti a sentire in silenzio con il cuore stretto dal dispiacere.
Avevo intuito quasi tutto. E avevo ragione. Edward era stato violentato e seviziato, come gli altri ragazzi morti, da quell'uomo che gli aveva promesso di cercarlo nuovamente.
Nel verbale della polizia non c'era nessun riferimento alle sue ferite. Forse perché minorenne, forse perché considerato un male minore rispetto alla strage compiuta, o più probabilmente, conoscendo come funzionavano le cose, per un errore di trasmissione dati fra l'ospedale e la polizia. Un errore enorme. Perché se l'ospedale avesse comunicato le sue ferite Edward sarebbe stato seguito da qualche psicologo competente fin da subito invece di lasciarlo a macerare con il suo orrendo segreto.
Ma la cosa più sconvolgente era che a causa dell'errore nessuno aveva capito che il movente era proprio lui... e nessuno aveva fermato il mostro.
I miei colleghi prima ed io dopo non avevamo capito che lui non solo era stato la vittima principale ma anche la causa scatenante di tutto. E la conseguenza era che lui si era portato, inconsapevolmente, quel peso dentro per tutti questi anni insieme alla paura di essere ritrovato.
Quando finii la telefonata rimasi a pensare assorto un attimo mentre le mie rotelle giravano senza sosta.
Non sapevo quanto Edward avesse capito di tutta questa storia o se le sue farneticazioni sul suo Lui fossero frutto solo delle sue paure, ma di una cosa ero certo: Edward lo aveva rincontrato e sapeva anche dove trovarlo. Lo aveva detto nei suoi deliri, ma nessuno di noi lo aveva capito.
E c'era solo un modo per fermare il Mostro prima che colpisse nuovamente... dovevo affrontare Edward e costringerlo a rivelare anche l'ultimo dettaglio, anche senza Carlisle, dovevo andare a parlargli e vedere con i miei occhi la conferma dell'ultimo indizio mancante... la chiave di volta del mistero.


martedì 26 marzo 2013

Capitolo 71 La fine e l'inizio di un incubo






Capitolo 71 La fine e l'inizio di un incubo





Carlisle



Stavo impazzendo chiuso fuori da quella stanza.

Sapevo che cosa stava facendo Danny, me lo aveva spiegato, quando gli avevo raccontato ogni cosa telefonandogli dalla spiaggia.

Mi aveva detto di accompagnarlo lì subito, che lo avrebbe visitato e se lo avesse trovato a posto fisicamente avrebbe provato una terapia d'urto.

Lui sapeva cosa fare, era specializzato a gestire casi simili, ragazzi e uomini con problemi psicologici, persone che avevano subito la stessa sorte terribile del mio ragazzo e che come lui ne erano rimaste scioccate.

Se avessi capito quale era il problema che lo tormentava da anni lo avrei senz'altro accompagnato prima da Danny che forse avrebbe potuto intervenire con più calma e delicatezza, ma ormai visto il tentativo di suicidio quasi riuscito non c'era più tempo da perdere, doveva capire alla svelta di essere normale e levarsi quella vergogna assurda dalla mente con la quale aveva convissuto tutti questi anni.

E adesso non facevo altro che tormentarmi per essere stato così orbo e ottuso, per non aver capito prima quello che nascondeva Edward , sperando di aver fatto la scelta giusta, e non aver perso la fiducia che aveva dimostrato seguendomi in silenzio senza fare domande.


Il tempo non passava mai e rischiavo di scavare un solco nel pavimento, a furia di girare in tondo al basso tavolino nel centro della stanza. Era impossibile stare seduto, mentre ogni cinque minuti guardavo l'orologio e quelle maledette lancette che sembravano non muoversi mai.

La porta era spessa, appositamente spessa e nessun rumore giungeva a me.

Speravo solo che Edwrad non avesse crisi di panico e che collaborasse.

Era venuto senza protestare, senza fare domande ma forse adesso non avrebbe accettato, forse stavo chiedendo troppo da lui. Forse sarebbe stato troppo pesante ciò che voleva fare Danny per scrollarlo dal suo terpore mentale.



Esme mi aveva telefonato già tre volte negli ultimi venti minuti, ma io non sapevo cosa dirle. Perché non sapevo cosa stava succedendo là dentro.

All'improvviso vidi aprire la porta e Danny sorridente venne verso di me.

Come sta?” gli chiesi impaziente e preoccupatissimo.

Fisicamente è a posto e sono riuscito a dimostrargli di essere normale. Gli ho fatto conoscere il suo corpo, l'ho reso consapevole che può farlo, che può donare piacere a se stesso e alle ragazze. Che è un ragazzo come tutti gli altri. Avevi ragione era solo un brutto blocco psicologico, niente di più.” mi rispose sorridente dandomi una pacca sulla schiena per calmarmi.

Gli sorrisi grato “Grazie Danny. Ero sicuro che fosse solo un problema mentale ma se glielo avessi spiegato a me non avrebbe mai dato retta. Pensi che abbia capito?” gli chiesi titubante.

Ora sa Carlisle. Non voleva credere neanche a me e l'ho messo davanti al fatto compito, l'ho costretto a … toccare di mano” aggiunse ridacchiando fra di se alla sua battuta “In questo momento si è addormentato sfinito dalla stanchezza e più ancora dallo stress nervoso a cui l'ho sottoposto. Ma al suo risveglio dipenderà da lui affrontare o meno le sue paure. Io non posso fare molto altro per lui. L'importante è che abbia capito di aver finora vissuto in una bugia.” disse dolcemente.

Non so proprio come ringraziarti. Povero ragazzo. Oggi per lui è stata una giornata terribile” gli risposi.

Immagino. L'ho trovato parecchio sconvolto infatti. Ma adesso bisognerà svegliarlo e farlo vestire, poi ti conviene portarlo di corsa a casa. Ha bisogno di dormire in un letto” mi disse facendomi strada verso lo studio.

Quando entrai vidi Edward sdraiato sul lettino il volto sorridente e sereno, gli occhi chiusi e il respiro regolare. Sembrava un angelo.

Edward. Svegliati. Ti devi vestire” lo chiamai dolcemente accarezzandogli i capelli disordinati e bagnati di sudore che ancora sapevano di oceano.

Lui aprì gli occhi e mi sorrise.

Ho fatto un sogno strano” mi raccontò con ancora la voce impastata dal sonno e gli occhi che non riuscivano a stare aperti.

Non era un sogno Edward.” la voce di Danny forte e sicura lo svegliò del tutto.

Spalancò gli occhi e lo fissò tremante. Poi abbassò gli occhi sui suoi genitali e lo vidi sfiorarli titubante e stupito. Erano ancora bagnati.

Li dietro c'è un lavandino. Vai a pulirti ragazzo. E poi vestiti che dobbiamo tutti andare a casa. Si è fatto tardi.” gli disse Danny dolce ma determinato.

Edward lo guardò un attimo ancora frastornato poi sparì di corsa verso la stanzina indicatagli da Danny.

Quando uscii era vestito e si avvicinò a me a occhi bassi, intimorito e imbarazzato.

Carlisle. Lo sai che il tuo figliolo è ben messo? Direi oltre alla media, e se non sta attendo nei prossimi mesi rischia di mettere incinta qualche ragazza.” mi disse Danny tutto allegro facendo diventare Edward bordeaux.

Sghignazzai “ Bisognerà allora che inizi a tenerlo d'occhio oltre che a spiegargli alcune cosette” risposi, grato a Danny per aver fatto capire ad Edward che io sapevo senza dover parlare direttamente.

Tieni Edward. Questi ti serviranno” disse Danny prendendo una scatola di preservativi e mettendogliela in mano. “e per favore usali” finii facendolo avvampare del tutto.

Ci salutammo, ringraziai ancora una volta Danny e portai Edward in macchina.

Non dicemmo nulla mentre riprendevo la strada di casa.

Il buio era calato e lo vedevo combattere contro il sonno poi all'improvviso ruppe il silenzio.

Grazie papà.” mormorò guardando dritto davanti a se senza avere il coraggio di guardarmi.

Dormi Edward. E' stata una lunga giornata e devi essere stanchissimo. Ti sveglio quando siamo a casa. Sono felice che tu sia ancora con noi” gli dissi facendogli una carezza sulla gamba.

Lo vidi chiudere gli occhi abbracciandosi Tigro e gli allungai una coperta che mi aveva regalato Danny mentre mettevo un cd di musica classica al minimo.

Nel giro di tre minuti si era addormentato.





Charlie



Perplesso e preoccupato per il gesto di Bella mi ero seduto sul divano e ripercorso con i genitori di Edward la loro storia.

Avevo vissuto in prima persona molti degli episodi raccontati, avevo visto con i miei occhi le sue cicatrici e il suo comportamento bizzarro, il suo scappare di fronte a cose che solo lui capiva, il suo terrore per i tuoni o per le divise.

Senza parlare delle crisi di panico che lo colpivano improvvise e senza motivi apparenti.

Altro invece lo sapevo dai racconti che Carlisle mi faceva. A volte si sfogava con me, mi raccontava ciò che era successo scuotendo la testa o ridacchiando nervoso, incapace di credere che il loro amore non bastasse a donare la pace a quel ragazzo.



Conoscevo quasi tutto, ma sentirlo raccontare tutto assieme, tutto di seguito, aveva avuto uno strano effetto.

Più la storia andava avanti più uno strano prurito nei baffi mi avvertiva che qualcosa non andava, che in quel racconto c'era qualcosa d'importante che mi stava sfuggendo.

Ascoltavo attento mentre il mio intuito da poliziotto stava girando e lavorando nella mia mente vagliando e ripescando particolari che erano passati inosservati all'epoca.

Ma ad accendermi la proverbiale lampadina erano state le parole di Carlisle quando aveva raccontato che Edward era convinto che il Mostro di Natale, colui che aveva ucciso Steven, fosse lo stesso individuo che aveva massacrato la sua famiglia con dei complici.

E se avesse avuto ragione?? Se il Mostro di Natale non avesse solo ucciso quel ragazzo ma fosse stato anche il responsabile di altri omicidi??

Cielo! se era così Edward era la chiave per risolvere un mistero inquietante... ma dovevo verificare. E dovevo farlo alla svelta perché mancavano più pochi giorni a Natale e il mostro avrebbe potuto colpire nuovamente.

Non c'era tempo da perdere, dovevo battere la pista velocemente perché se avevo ragione, se il mio intuito non sbagliava...

E risoluto con solo quel pensiero in testa, dopo aver salutato i Cullen senza lasciare inutili e lunghe spiegazioni, corsi in ufficio.



Non ci misi molto a trovare i fascicoli sul massacro della famiglia di Edward che mi ero fatto mandare all'epoca e sull'uccisione di Steven.

Li rilessi attentamente e qualcosa iniziò ad agitarsi febbrile nella mia mente.

Un particolare mi balenò subito in mente mentre guardavo la foto sorridente di Steven che ci avevano fornito a suo tempo i genitori preoccupati per la sua scomparsa.

Aveva gli occhi verdi e sorridenti. Quello stesso verde profondo e intenso che spaventato mi fissava tutte le volte dal volto di Edward.

Con un brivido andai a cercare il verbale della morte di Robert, il figlio del mio vicino e della collega di Carlisle.

Era stato Esme a nominarlo nel suo racconto, a riportare a galla quell'atroce lutto. E anche lui era stato barbaramente ucciso la Vigilia di Natale.

Cercai la foto tremante consapevole di quello che probabilmente avrei trovato e Bingo il ragazzo aveva gli occhi verdi intesi e brillanti mentre nella foto soffiava sulle candeline della sua torta di compleanno.

Un tremito mi percorse mentre con la mano andavo a torturare per l'ennesima volta i baffi.

Guardavo quegli occhi e guardavo quella torta. Le candeline!!

Con un brivido aprii nuovamente il fascicolo e tirai fuori le schede anagrafiche dei tre ragazzi. Le guardavo elettrizzato, stavo cercando la conferma al mio sospetto.

Con il cuore in gola feci due veloci confronti e rimasi allibito a fissare il foglio...

Porca...” mi scappò dalla bocca, i tre ragazzi avevano lo stesso anno di nascita.

E il sussurro che avevo in testa iniziò a urlare a gran voce.

Edward era stato la prima vittima del Mostro di Natale ed era l'unico sopravvissuto... gli altri erano solo ragazzi che gli assomigliavano. Solo sostituti che avevano preso il suo posto. Edward aveva ragione. Il Mostro di Natale non solo era lo stesso omicida ma lo stava ancora cercando.

Un fremito mi percorse violento mentre mi rendevo conto che lui era la chiave di tutto.

Ma come faceva il Mostro a scegliere le sue vittime??

I Serial Killer, perché era ormai evidente che si trattava di questo, non scelgono mai i loro bersagli a caso, ma prendono ciò che desiderano, ciò che vedono.

Un attimo pensai forse sto correndo troppo. In fondo sono sole tre le vittime accertate, troppe poche per pensare a un Serial killer, ma se non fosse stato così?? Se altri omicidi fossero avvenuti in altre contee?? In fondo anche la famiglia originale di Edward risiedeva in un altra contea e il verbale era nelle mia mani solo perchè mi aveva chiesto informazioni Carlisle all'arrivo dei gemelli.

Tremando per la consapevolezza di quello che stava saltando fuori accesi il computer e andai in internet entrando con la mia password nel database delle forze dell'ordine.

Immisi i dati e rimasi lì per venti minuti a guardare una stellina blu che correva da destra a sinistra nel monitor mentre il computer centrale cercava il risultato della mia ricerca.

Io guardavo e aspettavo. Aspettavo e pensavo. Pensavo e ricordavo... cielo dimmi che sto sbagliando pensai quando sul video apparvero otto fascicoli, sei verbali di omicidi di ragazzi avvenuti nelle contee vicine ... tutti nel periodo natalizio, tutti negli ultimi otto anni e tutti con gli occhi verdi e all'incirca lo stesso anno di nascita. E compresi fra di essi, notai con un sospiro,  quello di Edward, di Steven e Robert.

Freddamente, eccitato e spaventato da quello che stavo scoprendo, stampai tutti i fascicoli mancanti e preso diversi evidenziatori e pennarelli iniziai a segnare su un foglio quello che avrebbe potuto collegare i vari casi. Il filo mancante. Il legame fra le vittime designate.

Quando ebbi finito di scrivere una lista con i vari indizi la rilessi attentamente. Con il cuore che batteva pazzo di adrenalina mi resi conto che Edward non solo aveva ragione ma sapeva chi era il Mostro e dove si trovava.

La chiave di tutto era sempre stata sotto i miei occhi e sotto gli occhi dei miei colleghi.

E quello che aveva permesso al Mostro di passarla liscia era che essendo avvenuti gli omicidi in contee diverse nessuno aveva pensato ad un unico movente, nessuno aveva pensato che a colpire era stata una sola mano.

La mano del Mostro di Natale, la mano del misterioso Lui che continuava a torturare Edward nel sonno e a cercarlo nella realtà.

Ma dovevo essere sicuro, non potevo lasciare nulla al caso. Dovevo essere certo della mia teoria perché se avevo ragione... Edward... non sarebbe stato facile per lui.

E gli unici che potevano confermare la mia ipotesi investigativa erano i parenti dei ragazzi uccisi dal Mostro di Natale... solo loro potevano confermare il mio sospetto.



Non persi tempo, telefonai a Bella, e partii.

Sarebbe stata una lunga notte. Avrei tirato giù dal letto e costretto quattro famiglie a rispondere alla più semplice delle domande per avere la conferma del mio sospetto sul legame fra tutti i casi e se avessi avuto ragione...



Edward era il centro di tutto, l'inizio e la fine di un incubo che aveva mietuto vittime per otto anni.




venerdì 22 marzo 2013

Capitolo 70 Una verità svelata


 

Ps: Una curiosità.  Si parlerà di musica per chi non sapesse a quale si riferisce... è quella che potete ascoltare a metà trailer !!


Capitolo 70 Una verità svelata    (raiting rosso)



Edward



Non capivo cosa volesse da me, sembrava che si divertisse con le sue domande umilianti, ma ancora una volta il suo comportamento mi disorientò completamente.

Lo vidi sorridere. Alzarsi e prendere un bicchiere d'acqua dalla vicina colonnina.

Sei stato bravo, ragazzo. Bevi un pochino e asciugati le lacrime” mi disse dolcemente allungandomi il bicchiere colmo di acqua fresca.

Tremante allungai la mano afferrando il bicchiere volentieri, mi sentivo la bocca secca mentre lo guardavo spaventato e sconcertato per quella gentilezza che non mi aspettavo.

In silenzio bevvi lentamente l'acqua mentre mi asciugavo le lacrime con il fazzoletto di carta che mi aveva dato. Lui rimase fermo qualche minuto aspettando che mi calmassi, che smettessi di piangere e di tremare.



Poi iniziò a passeggiare avanti e indietro pensoso finché non si voltò a guardarmi sorridente.



Sei normale Edward. Non ti si rizza perché non lo vuoi tu. Hai talmente tanta paura che non funzioni, talmente tanta paura di non essere uomo che lo blocchi.

Lui è solo un muscolo. Dipende dalla mente come tutti gli altri. Non c'è nulla in te di strano. Sei perfettamente normale. Sei un ragazzo come tutti gli altri.” affermò autoritario e sicuro cercando e piantando i suoi occhi di ghiaccio nei miei.

Scossi la testa, avvilito.

Non mi credi vero??” mi chiese ironico “Tu pensi che io stia mentendo o che mi sia sbagliato, che non ci sia niente da fare, giusto??” il suo tono era irato, quasi rabbioso.

Si” risposi semplicemente guardandolo fisso senza abbassare lo sguardo, sicuro di quello che ero.



Verde e grigio, due sguardi di fuoco che s'incrociarono e si sfidarono.

Riprese a passeggiare con le mani dietro al schiena in silenzio, poi si avvicinò alla scrivania aprì un cassetto e mi tirò una barretta di cioccolato.

Devi aver fame.” aggiunse con la voce dolce e gentile continuando a passeggiare assorto e indifferente alla mia presenza.

L'afferrai al volo. Ero stupito, i suoi cambi di voce, il suo modo di fare mi spaventavano e disorientavano. Ma aveva ragione, ero esausto ed affamato e la divorai in due bocconi.

Lui si avvicinò a me, mi fissò negli occhi e mi chiese all'improvviso “Ne sei proprio sicuro di quello che pensi?”

Mi limitai ad annuire, mi sentivo spaesato, ancora una volta il suo tono era diventato freddo e pungente.

Feci per scendere e andare a prendermi i vestiti che avevo posato sulla sedia lì vicino. Non c'era più nulla da aggiungere. Lui mi aveva detto quello che pensava ma io sapevo come stavano le cose in realtà. Il discorso per me e ra chiuso.

Lui mi afferrò per un braccio fermandomi “Non ti ho detto di rivestirti” mi intimò gelido.

La sua voce mi fece sussultare e cercai di divincolarmi dalla sua presa ferrea mentre il panico iniziava nuovamente a bussare nella mia mente.

Mi dispiace ragazzo ma ti devo dimostrare il contrario” aggiunse deciso intensificando la stretta e bloccandomi le braccia.

Vieni e fai il bravo” mi ordinò trascinandomi con lui.

Il panico trattenuto, esplose violento, paralizzandomi, impedendomi di ribellarmi, di lottare, mentre il mio corpo iniziava a tremare. Immagini del mio aguzzino che mi teneva fermo iniziarono a sovrapporsi, a mescolarsi con quelle di Danny.

Lui apri una porticina e mi fece entrare in una piccola stanza poi mollò la presa su di me e si girò chiudendo nuovamente la porta a chiave e mettendosi la chiave in tasca.

Ero nuovamente in trappola.

Mi appoggiai alla parete più distante e iniziai ad ansimare cercando di coprirmi con le braccia “Non mi faccia del male” lo implorai spaventato da lui e da quel posto. Mi sentivo soffocare, l'aria non arrivava ai miei polmoni.

Per tutta la risposta lui si mise a ridere. “E perché dovrei. Non sei il mio tipo ragazzo. A me piacciono le donne, sai... non i marmocchi. Quindi rilassati e abbi fiducia in me” disse mentre si avvicinava a uno stereo e accendeva una dolce musica.

Ti piace la musica classica? La conosci questa?” mi chiese regolando il volume bassissimo.

Ancora una volta aveva cambiato tono, era diventato dolce e gentile.

Ci pensai un attimo momentaneamente distratto dalla musica “E' il Bolero di Ravel?” chiesi piano.

Lui sorrise soddisfatto. “Bravo. Non credevo lo conoscessi. Non sono molti i ragazzi che conoscono la musica classica.” mi rispose mentre trafficava con degli interruttori dandomi la schiena.

Lo guardavo preoccupato. Mi stavo chiedendo che intenzioni avesse. Si muoveva adagio canticchiando seguendo la musica, senza guardarmi, comportandosi come se si fosse dimenticato di me.

Come se io non fossi presente, un qualcosa di insignificante.

Le luci si spensero lentamente ma non restammo al buio, una luminescenza azzurrina si diffuse illuminando appena quello stanzino.

Lo riuscivo a vedere a malapena avvicinarsi a me lentamente.

Il mio cuore iniziò nuovamente a battere furiosamente sembrava dovesse uscire dal petto.

Edward. Ascoltami.” mi disse lentamente e dolcemente. La sua voce sembrava intonarsi con la musica “Sono un medico e sono specializzato per aiutare ragazzi che hanno problemi come il tuo, persone che hanno avuto il tuo stesso destino. Che come te sono convinte di non essere normali... uomini veri. Adesso dovrai fare esattamente quello che ti dirò. Mi hai capito?” mormoro avvicinandosi lentamente.

Avevo paura. Mi sentivo soffocare lì dentro e in cerca di una via di fuga arretrai fino ad appoggiarmi alla porta chiusa. Provai ad aprire la maniglia ma era chiusa, ero suo prigioniero.

Guardami Edward.” mi disse. Era davanti a me e mi sorrideva “Vedi sono vestito. Non ti voglio fare alcun male. Io non sono il tuo Lui.” mi disse dolcemente mostrandomi le mani e il suo abbigliamento.

Ingoiai a vuoto cercando di ragionare e di riacquistare lucidità...

Ti voglio solo aiutare. Ti devi fidare di me. Pensi che tuo padre, altrimenti, ti avrebbe lasciato solo con me?? Lui si fida... fidati anche tu. Coraggio non ti farò male... te lo prometto. Voglio solo aiutarti.” disse allungando la mano e prendendo la mia tirandomi lentamente verso di lui.

Aveva ragione dovevo fidarmi. Carlisle non mi avrebbe mai lasciato lì con lui altrimenti. Dovevo cercare di dominare la mia paura.

Ma non capivo cosa volesse da me e come avrebbe potuto aiutarmi.

Forse se l'avessi immaginato sarei scappato, ma invece lasciai che la sua voce dolce e suadente mi convincesse a collaborare.



Bravo così, non devi avere paura. Adesso mi devi ubbidire, fai esattamente quello che ti dico” mormorò con la voce che era appena un sussurro sopra la musica che stava piano piano aumentando.

Sei mancino?” mi chiese sempre sussurrando mettendosi dietro di me e facendomi appoggiare al suo petto robusto.

No” risposi con un sussurro anch'io. All'improvviso la mia gola si era seccata, sembrava impossibile riuscire a parlare. Sentivo il suo corpo aderire al mio e il terrore esplose di nuovo violento.

Respiravo forte, nervoso e spaventato. Il cuore batteva talmente forte che lo sentivo rimbombare nelle orecchie mentre brividi gelati mi percorrevano la schiena. Avrei tanto voluto fuggire da lì e allontanarmi da lui, dal suo fisico forte che mi tratteneva ma qualcosa mi stava bloccando.

E sapevo anche cosa: non potevo fuggire di nuovo, dovevo affrontare le mie paure, dovevo fidarmi di mio padre e di quell'uomo.

Ingoiai a vuoto e presi fiato lentamente, imponendomi di calmarmi, mentre decidevo che avrei ubbidito qualsiasi cosa mi avesse fatto, qualsiasi cosa volesse fare di me.

Lo avrei fatto per mio padre e per la mia famiglia. Li avevo feriti troppo e adesso era giunta l'ora di affrontare il mio destino, qualsiasi esso fosse. E per la prima volta sentii un coraggio che non conoscevo nascere dentro il mio cuore e avvolgersi intorno alla mente come uno scudo, donandomi la forza che mi era mancata in questi lunghi anni.

Mi aveva fatto appoggiare con la schiena al suo petto e la mano sinistra era passata sotto le mie spalle come per sorreggermi.

Alza la mano destra, fammi vedere il palmo” ubbidii mi sentivo completamente in sua balia, la musica mi avvolgeva distraendo i miei pensieri, calmandoli, mentre la luce soffusa mi confondeva impedendomi di vedere le cose con nitidezza. Tutto sembrava solo un sogno, tutto sembrava vago e surreale mentre i suoi sussurri dolci mormorati nelle orecchie mi stregavano.

Devo fidarmi, mi ripetei. Papà si fida....devo farlo per Carlisle...devo fidarmi lui è un medico... non mi farà del male... non vuole farmi del male...

Poi Danny mi passò sopra il palmo della mano destra qualcosa di caldo e unto. Feci per ritrarla, stupito e spaventato, ma lui afferrò saldamente il mio polso con la sua mano.

Fidati Edward. Fidati di me” mi sussurrò nell'orecchio.

La musica continuava sempre più forte mentre un altro strumento si aggiungeva agli altri nel ripetere all'infinito la stessa melodia.

Poi la sua mano guidò la mia al mio membro posandola sopra.

Prendilo Edward. Prendi il tuo pene in mano” sussurrò

Sussultai ma ubbidii ancora al suo ordine, mentre il respiro iniziava ad impazzire di nuovo dalla paura. Cosa voleva da me?

Stringilo piano” un altro ordine sussurrato ma perentorio. Mentre la sua mano premeva sulla mia con dolcezza e autorità invitandomi ad ubbidire al suo ordine.

Bravo, così, adesso inizia a massaggiarlo. La senti la musica?? Segui il ritmo... come abbiamo fatto prima...uno...due...uno..due...anche il respiro Edward. Così lentamente, dolcemente...”

Iniziai a ubbidire cercando di calmare il respiro.

Dovevo fidarmi. Dovevo farlo per mio padre, per Alice, per la mia famiglia e ... per me stesso

La sua mano posata sulla mia la guidava dolcemente, avanti, indietro seguendo la sua voce e la musica.

Abbassai lo sguardo, volevo vedere ma la sua voce mi bloccò perentoria.

No Edward, non ci pensare. Ti devi rilassare. Non pensare a quello che stai facendo, chiudi gli occhi, ascolta la musica, rilassati” mi ordinò mormorando dolcemente ma seccamente nello stesso tempo.

Adeguai il respiro al movimento e lentamente mi resi conto che il percorso si era allungato.

Iniziai ad agitarmi, mentre sensazioni mai provate iniziavano ad investirmi.

Un lungo brivido seguito da una sensazione di calore e poi di piacere stava facendosi strada dentro di me.

Così Edward. Tranquillo. Va tutto bene” la sua voce mi calmava mentre la sua mano guidava la mia alla scoperta del mio corpo e di sensazioni mai provate.

Mi ha detto Carlisle che c'è una ragazza che ti piace. Come si chiama?” mi chiese poi sentendomi di nuovo agitato.

Bella” mormorai imbarazzato.

Com'è Edward. Descrivimela” di nuovo la voce era autoritaria e dolce nel contempo, mentre la musica era sempre più decisa.

Ha i capelli lunghi marroni come le castagne e gli occhi color cioccolata ” dissi cercando di voltarmi per parlargli.

Il suo braccio mi trattenne “Chiudi gli occhi. Cerca di vederla. Immaginatela che viene verso di te. Scommetto che ha un bel sorriso e le labbra rosse” continuò.

Ubbidii. Adesso la vedevo davanti a me. Vedevo le sue labbra rosse e sensuali chiamarmi dolcemente.

E morbide” disse

Si le vedevo, le sentivo sulle mie, morbide e calde. Il ricordo del suo bacio esplose nella mia mente.

Le sue labbra posate sulle tue, morbide e attraenti, i seni che si appoggiano sul tuo petto. Il suo sapore deve essere buono Edward, il suo odore attraente” continuò ed io lo sentivo, sentivo le sue labbra, sentivo il suo petto morbido e sodo, volevo accarezzarla volevo toccarla, mentre immaginavo il suo sapore. Le mie mani che la stringevano forte, le sue labbra posate sulle mie, il suo sapore dolce, la pelle che morbida si adattava al mio corpo,il suo profumo che mi stregava.

Iniziai a sentire caldo un gran caldo, il respiro si fece affannoso.

Volevo andare da lei, toccarla, baciarla, volevo farci l'amore. La mia mente la immaginava, la richiedeva, smaniava al suo pensiero.

Potevo vedere le gambe lunghe affusolate e le mie mani posate sulle sue cosce salire lentamente su di lei.

Iniziai a gemere piano mentre la mia mano andava più veloce, più decisa.

Pensa la sua mano dolce e delicata, posata sul tuo pene a toccarlo mentre tu la baci sul collo, e la tocchi. E' bagnata Edward, lei si bagnerà per te, aspettando che tu la faccia tua” mi diceva ed io mi sentivo crescere dentro il desiderio. Mi sentivo sul punto di esplodere, mentre Danny aveva lasciato la mia mano ed io continuavo da solo a darmi piacere.

Sempre più veloce e deciso, mentre la mia mente immaginava Bella stesa sotto di me, potevo quasi sentire il suo corpo, le sue mani sul mio accarezzarmi lentamente, il suo calore, i suoi baci e il suo calore reclamare il mio corpo.

Ero preso da un vortice di desiderio e poi all'improvviso mi sentii esplodere subito seguito da un senso dolcissimo di vuoto, di liberazione, mentre un lungo gemito di piacere accompagnava il primo orgasmo della mia vita.

Bravo si, continua, ancora Edward, fai uscire tutto” mi disse dolcemente mentre la musica insieme al mio cuore rallentava.

Aprii gli occhi e li abbassai incredulo. Il mio pene era ancora dritto e rigido ma bagnato così come la mia mano.

E capii.

All'improvviso mi sentii svuotato completamente.

Tutte le paure, tutte i problemi e le ansie che mi ero fatto per otto anni e la convinzione di non essere in grado di fare sesso mi abbandonarono all'improvviso.

Ero un ragazzo come gli altri, capace di provare piacere, capace di poter donare piacere.

Il mio Lui mi aveva mentito!

E la stanza iniziò a girare mentre chiudevo nuovamente gli occhi sfinito e stanco da quella lunga battaglia che avevo vinto con me stesso.

Edward. No. Non mi svenire adesso. Su, tirati su” la sua voce mi risvegliò all'improvviso, costringendomi ad aprire gli occhi.

Mi sentii accompagnare ancora stordito e sfinito nell'altra stanza verso il lettino e mi ritrovai sdraiato su di esso.

Sei stanchissimo ragazzo. E' stata una giornata lunga e piena di emozioni. Chiudi gli occhi e rilassati qualche minuto mentre chiamo tuo padre” e quella fu l'ultima cosa che sentii prima di crollare addormentato consapevole che ero un maschio a tutti gli effetti.

martedì 19 marzo 2013

Capitolo 69 Da Danny




Capitolo 69   Da Danny     (Raiting Rosso)



Edward



Quando arrivammo a destinazione era ormai scesa la notte e dopo aver posteggiato Carlisle mi svegliò e mi condusse dentro ad un edificio.

Con calma, senza dirmi una parola di spiegazione, suonò ad un appartamento.

Ciao Danny” disse stringendo la mano calorosamente all'uomo che ci aveva aperto la porta.

Lui era alto e muscoloso. Scuro di capelli, aveva gli occhi di ghiaccio e una voce calda e pastosa.

Salutò Carlisle cordialmente e si mise a chiacchierare con lui come se fossero vecchi amici, come se io non fossi presente.

Mi guardavo intorno stupito e perplesso.

Era chiaramente uno studio medico, lo si capiva dall'odore di disinfettante, dal lettino posato su un lato, dalla grossa e pomposa scrivania in fondo alla stanza.

Lui vestito in maglione portava addosso un camice azzurro aperto sul davanti e sembrava del tutto disinteressato a me mentre chiacchierava con mio padre dei vecchi tempi e di sua moglie.

Ero perplesso.

Poi all'improvviso si girò e mi sorrise “E' lui il tuo ragazzo?” chiese sorridendomi cordiale.

Si. E' lui. Puoi aiutarlo?” rispose mio padre, la voce all'improvviso diventata turbata e preoccupata.

Lui annui. E si avvicinò.

Come ti chiami?” mi chiese gioviale rivolgendosi direttamente per la prima volta a me.

Edward” risposi titubante guardando Carlisle in cerca di appoggio.

Bene. E' un bel nome. Anche mio fratello si chiama così” mi disse allungando la mano per farmi una carezza sulla spalla.

Mi scostai di scatto, impaurito, come facevo regolarmente con tutti gli estranei.

Lui sospirò e mi sorrise “Ascolta Edward. Lo sai perché sei qui?” mi chiese gentile.

Mi voltai verso Carlisle in una muta richiesta di aiuto.

Lui lo notò e senza levarmi gli occhi di dosso disse autoritario “Carlisle, per favore, aspettaci fuori. C'è una saletta di attesa sulla tua destra.”.

Vidi mio padre girarsi e avviarsi verso la porta a testa bassa come se tutto il peso del mondo fosse ricaduto sulle sue spalle e lo chiamai agitato. Non volevo rimanere solo con quell'uomo, mi metteva paura.

Non ero mai più stato da solo con uno sconosciuto da quel maledetto giorno.

Edward. Per favore. In tutti questi anni non ti ho mai chiesto nulla. Adesso lo faccio. Fidati di lui è un amico e ti aiuterà” mi spiegò lui sorridendomi appena.

Poi aprii la porta e senza voltarsi o aspettare una mia risposta uscì, lasciandomi solo con i miei timori.

Danny lo seguì, chiuse a chiave la porta, e si mise la chiave in tasca.

Ero in trappola.

Iniziai ad ansimare spaventato e arretrai il più lontano possibile da lui appoggiandomi ad una parete, come un animale in trappola.

Lui in piedi, distante da me iniziò a mettere in ordine uno scaffale dandomi le spalle indifferente, come se non ci fossi.

Lo scrutavo preoccupato, senza perdere di vista ogni suo movimento e, visto che non mi considerava, che si comportava come se non fossi presente, piano piano mi rilassai. Il mio respiro ritornò lentamente regolare mentre smettevo di tremare come un pulcino bagnato.

Lui aspettò tranquillamente, apparentemente disinteressato a me, poi sempre senza avvicinarsi, si girò, mi guardò con i suoi occhi di ghiaccio, e mi parlò deciso e lentamente in modo che capissi tutto.

Edward ascolta. Tuo padre mi ha detto che hai dei problemi con il sesso.

Mi ha telefonato dalla spiaggia e mi ha raccontato tutto. Ciò che ti è successo e ciò che hai combinato stasera. Mi ha chiesto aiuto ed io gli ho detto di portarti qua. Io sono un medico specialista e lui vorrebbe che ti visitassi. Posso?” mi chiese alla fine.

Sgranai gli occhi spaventato.

Non ti farò del male” si affrettò ad aggiungere “Ma devi collaborare. Non vuoi scoprire se hai ragione?” mi chiese addolcendo la voce.

Ecco perché papà mi aveva portato lì senza darmi spiegazioni, voleva farmi visitare e aveva paura di un mio rifiuto. Ma era una cosa assurda, sapevo fin troppo bene di avere ragione, non ero un vero uomo.



Cosa... cosa devo fare?” gli chiesi titubante e spaventato, mentre risentivo le parole accorate di mio padre. Mi ero ripromesso di ubbidirgli e non volevo deluderlo ancora.

Vorrei che ti metessi in maglietta e levassi i pantaloni e i boxer. Poi o ti sdrai sul lettino o resti in piedi e ti appoggi alla parete. Come ti senti più a tuo agio” mi disse sorridendomi. “Devo toccarti Edward, devo controllare il tuo apparato genitale” mi spiegò dolcemente.

Ingoiai a vuoto spaventato, la gola improvvisamente secca, il cuore che batteva furiosamente. L'ultimo  sconosciuto che mi aveva toccato i genitali era stato il mio aguzzino. Avevo paura ma volevo ubbidire, dovevo farmi forza e non deludere Carlisle.

Forza non ti farò del male, tuo padre è lì fuori che ti aspetta. Sono un medico non un pericolo per te.” mi disse e la sua voce era dolce e pacata, quasi un sussurro, sembrava parlasse a un bimbo piccolo.

Ubbidiente, con l'istinto che mi gridava di fuggire lontano, ma determinato ad ubbidire, mi spogliai cercando di non tremare e mi appoggiai alla parete. Non sarei mai riuscito a sdraiarmi.

Non potevo deludere Carlisle non dopo quello che avevo combinato nella giornata. Forza Edward, mi dissi fatti coraggio. Papà non avrebbe mai permesso a qualcuno di farmi male, cercai di auto convincermi.

Bene, bravo” disse pacatamente avvicinandosi lentamente stando attendo a non fare gesti bruschi per non agitarmi maggiormente.

Si portò davanti a me e si mise dei guanti di lattice “Adesso non guardare in basso, Edward. Guardami negli occhi e concentrati sulla respirazione. Forza segui il ritmo uno...due...uno... due”

Ubbidi ma iniziai a tremare violentemente mentre sentivo la sua mano posarsi sui miei testicoli “... uno... due... uno... due... respira Edward” mi ripeteva in continuazione come una cantilena.

Bravo così continua... uno... due..” diceva “No. Non chiudere gli occhi, guarda nei miei. Concentrati sulla respirazione. Non ti faccio male... guardami non abbassare gli occhi, non ti preoccupare... va tutto bene. Non ti faccio nulla di male, non aver paura” disse mentre con una mano mi teneva indietro la testa e l'altra scivolava sul pene e sui testicoli, toccando e tastando.

Poi all'improvviso la sua mano scivolò dentro di me. M'irrigidì e mi morsi le labbra per non gridare mentre con le mani mi afferrai al suo braccio in preda al panico. “Fermo. Non ti agitare. Stai tranquillo. Ho quasi finito” mi disse poi dopo pochissimi minuti o forse secondi che mi sembrarono interminabili si scostò “Sei stato bravissimo. Non ci speravo che ti facessi visitare.” mi sorrise arretrando e buttando i guanti nel cestino della spazzatura, lasciandomi tremante lì in piedi.



Lo guardavo cercando di respirare mentre sentivo il mio cuore battere all'impazzata come se mi dovesse uscire dal petto mentre la vista si faceva opaca e confusa.

Siediti sul lettino” mi ordinò indicandomelo “prendi fiato e rilassati. Non è il caso di svenire. Non preoccuparti... va tutto bene... io mi siedo qua. Distante da te. E non ti tocco più.” disse sedendosi sulla scrivania a un metro circa da me e incrociando le braccia sul petto con fare rilassato.

Ubbidii imbarazzatissimo all'idea di essere ancora nudo davanti a lui e mi tirai giù la maglietta il più possibile cercando di coprirmi i genitali. Tremavo e avevo la nausea ma cercai di calmarmi, lui adesso era distante non più un pericolo per me.

Rimase in silenzio alcuni minuti dandomi il tempo di calmare il cuore, di cercare di riprendere il controllo del mio corpo fino a che la sua voce ruppe il silenzio.

Edward. Adesso ti farò delle domande imbarazzanti ma mi devi rispondere sinceramente.” mi disse dolcemente parlando piano come se facessi fatica a capire. E aveva ragione. Ero ancora completamente in palla, stordito e sull'orlo di una crisi di panico.

Quanti anni hai?” mi chiese poi a bruciapelo con un sorriso.

Alzai la testa e lo guardai stupito. Non era per niente imbarazzante anzi era una domanda sciocca, banale, quasi stupida.

Lo guardai stupito cercando di capire dove volesse arrivare, cosa volesse ottenere “Sedici” risposi titubante e diffidente.

E' vero che hai una gemella?” riprese cordiale e sempre sorridente.

Si.” risposi ancora più frastornato.

Iniziò poi a farmi domande sul baseball e sui miei studi. Non capivo cosa volesse ottenere, il perché mi chiedesse quelle cose, a cosa gli serviva sapere chi era il miglior battitore per me?

Lui sempre con le mani incrociate sul petto, seduto distante e con un sorriso sul volto, chiacchierava come se fossimo vecchi amici. Parlava di cose comuni, mi chiedeva dei miei interessi, mi raccontava aneddoti e faceva battute alle quali ridacchiava contento. Io lo stavo a sentire e partecipavo all'inizio diffidente poi sempre più rilassato mentre mi accorgevo che non c'era nulla da aver paura. E piano piano, il mio respiro si regolarizzò, smisi di tremare e iniziai a rilassarmi un pochetto distraendomi dai reali motivi per i quali ero lì.

Poi all'improvviso, a bruciapelo, mi chiese “E' vero che il pene non ti viene mai duro?”

la sua voce era normale come quando parlava dell'ultima partita trasmessa in televisione ma io mi sentii mancare.

Dai rispondimi Edward” mi riprese fissandomi con gli occhi di ghiaccio

Si” mormorai diventando rosso dall'imbarazzo e dalla vergogna.

Neanche quando vedi una bella ragazza?” mi chiese a bruciapelo.

Scossi la testa. Avrei voluto, quanto avrei voluto. Era quello chi mi impediva di avvicinarmi a loro, il sapere che non funzionava. Avevo visto il rigonfiamento nei pantaloni di Emmett o Jasper quando baciavano o facevano le carezze alle ragazze prima e alle mie sorelle dopo. Succedeva persino a Carlisle, che non era più un ragazzo, quando la mamma lo baciava.

Ma a me, mai. Lui non si alzava mai.

Neanche se è in minigonna?? O se è in costume? Neanche vedendo qualche scopata nei film?” insistette

Noooo!!” gridai scoppiando a piangere e ripiombando velocemente nel mio incubo e nella mia vergogna “Mai, non riesco, lui non reagisce. Io non sono un uomo, lui l'ha detto. Lui mi ha detto che sono buono solo per essere scopato. Lui mi ha scelto per questo.” gridai saltando in piedi per scappare in piena crisi di panico.



Scattò velocissimo e mi afferrò forte per un braccio “Siediti” m'intimò “Non si scappa e poi chiunque te l'abbia detto ti ha mentito. Mi hai capito? Ti ha mentito!! Anche se tu fossi un omosessuale, il pene ti si alza lo stesso, magari vedendo un uomo ma reagirebbe comunque” mi disse gelido.

Si alza quando vedi un ragazzo spogliato? Ne avrai visti a scuola” continuò tenendomi sempre stretto e fissandomi attentamente.

No. Certo che no. Li ho visti, li ho visti ma ...” risposi schifato con le lacrime che silenziose continuavano a scendere. Ma come facevo a spiegargli che mi facevano paura?? Che ogni volta che vedevo un ragazzo tirarsi giù i pantaloni iniziavo a tremare dalla paura ed ero costretto a nascondermi?

Lui si mise a ridacchiare lasciandomi andare mentre mi lanciava un pacchetto di fazzoletti di carta posato sulla sua scrivania

Dalla tua reazione decisamente non lo sei” riprese sorridente poi la sua voce tornò seria e decisa.

Ti sei mai toccato Edward? Ti sei mai masturbato?” mi chiese lasciandomi senza fiato.

No” mormorai piano. A che serviva? Sapevo che sarebbe rimasto inerte tra le mie mani e la vergogna era troppa anche solo per provare.

Non hai mai sentito la voglia di accarezzarti, di provare piacere?” continuò insensibile al mio tormento e freddo come il ghiaccio.

Io... io... non servirebbe a nulla” gli confessai senza più riuscire a trattenere altre lacrime di vergogna.

Ti sei mai trovato bagnato? Hai mai bagnato le mutande?” mi chiese poi.

Se possibile divenni ancora più rosso, perdevo del liquido ogni tanto. Le mutande si bagnavano spesso senza che lo volessi. Annui piano, incapace di rispondergli, solo con la voglia di scappare il più lontano possibile da lì e dalla mia vergogna.



Ero disperato, non capivo che cosa volesse da me. Sembrava che il suo unico scopo fosse soltanto umiliarmi. Ma non ce n'era bisogno, mi sarei volentieri buttato dalla finestra, se non avesse avuto le inferiate e forse era proprio per questo che erano state montate.



 



venerdì 15 marzo 2013

Capitolo 68 Una decisione sofferta




Capitolo 68 Una decisione sofferta


Carlisle



Mentre me lo abbracciavo ancora incredulo di poterlo stringere a me ripensai a quello che era successo in quell'ultima ora.

Finalmente aveva parlato. Aveva spiegato tutto ad Alice, lo aveva fatto in preda all'ira ma soprattutto alla vergogna. Vergogna che aveva rischiato di portarlo via da noi per sempre.



Aveva ricordato e aveva tirato fuori quello che gli era successo. Dolore e sconcerto avevano accompagnato il suo racconto mentre mi rendevo conto che oltre al terrore di subire di nuovo violenza dal suo aguzzino c'era la vergogna e la paura dettate dal non sentirsi maschio fino in fondo.

Lo tenevo stretto a me e lo sentivo piangere disperato.

Non era la prima volta, ma stavolta sentivo crescere dentro di me un sentimento diverso dal solito, una rabbia cieca e profonda alimentata da tutti quegli anni di sofferenza.

Cosa sperava di ottenere piangendo??

Probabilmente si stava solo sfogando, ma poi??

Saremmo tornati da punto a capo, presto sarebbero tornati i suoi tormenti ma soprattutto si sarebbe vergognato ancora di più per quello che ci aveva infine confessato.

Avevo paura della sua reazione, paura di quello che avrebbe potuto fare nuovamente.

Avevo rischiato di perderlo e non potevo più farlo, troppe volte ormai mi ero spaventato per lui.

Non potevamo vivere con l'incubo che ci riprovasse, che tentasse nuovamente il suicidio o peggio ancora che finisse per assuefarsi a psicofarmaci per riuscire a convivere con se stesso.

Era giunto il momento di affrontare le sue paure, di essere uomo malgrado lui temesse di non esserlo abbastanza.

Quello che aveva rivelato mi aveva scioccato.

Avendolo visto nudo, avendolo spogliato più di una volta sapevo che era in apparenza normale. Per quello che ne sapevo il suo apparato genitale era in perfetto ordine.

Ma se il problema non era fisico cosa lo bloccava? Sapevo la risposta e sapevo anche che non sarebbe servito che gli parlassi, che gli spiegassi. Non si sarebbe fidato, non mi avrebbe mai creduto.

Quello che aveva passato lo aveva reso insicuro e psicologicamente debole ma doveva trovare il modo di venirne fuori una volta per tutte.

Non potevo levargli la paura e l'orrore per quello che aveva passato ma potevo intervenire a livello fisico. Potevo dimostrargli che quell'uomo gli aveva mentito.

Lo guardai di sottecchi, non gli sarebbe piaciuto, probabilmente avrebbe sofferto ancora, ma non c'era che un modo.

E lasciatolo seduto sulla spiaggia a piangere e a vestirsi presi il cellulare e mi allontanai.

Era il momento di chiedere aiuto e solo il mio amico Danny avrebbe potuto tirarlo fuori dall'incubo nel quale era precipitato.





Edward



Avevo pianto finché le lacrime erano finite. Mi vergognavo, ancora una volta era quel sentimento odioso che mi faceva compagnia a dominare il mio animo.

Mi ero vestito e stavo rannicchiato per cercare di scaldarmi mentre il sole era ormai sparito dietro l'orizzonte. I miei occhi ormai asciutti e bruciati dal sale fissavano la grande distesa d'acqua in perenne movimento nel quale avrei voluto scomparire.

Mio padre era al cellulare che parlava ormai da parecchio tempo, camminando agitato e turbato lontano da me.

Le sue parole si perdevano nel vento e ancora una volta mi chiesi con chi fosse al telefono dal momento che aveva già chiamato  la mamma.

Forse stava parlando con il responsabile di un manicomio, forse mi avrebbe fatto ricoverare e sottoporre a qualche terapia.

Non volevo andare là, non volevo venire stordito da qualche psicofarmaco che mi avrebbe bruciato il cervello... ma non volevo neanche vivere così.

Dopo quello che avevo raccontato non avrei più avuto il coraggio di guardare in faccia nessuno, nemmeno i miei fratelli.

Quanto dolore avevo causato? Quanto ne stavo ancora causando?? Fra i capelli biondi di mio padre potevo scorgere diversi fili bianchi ed ero sicuro di esserne io la causa.



Lo vidi venire verso di me risoluto, i suoi occhi bruciavano, era arrabbiato, furioso come non l'avevo mai visto.

Forza, alzati andiamo in un posto” mi disse e il suo tono non ammetteva repliche.

Lo guardai spaventato ma non dissi nulla. Qualsiasi cosa avesse deciso, qualsiasi cosa volesse fare di me, lo avrei assecondato.

Non gli risposi ma lo segui in silenzio e a testa bassa.

Senza una parola ritornammo indietro ma invece di entrare in casa mi fece salire sulla sua macchina e partì.

Non sapevo dove eravamo diretti, ma ovunque fosse ero certo che non sarei tornato indietro. Avrei voluto salutare Alice e mia madre ma non chiesi nulla. Non avevo diritto a chiedere nulla.

Sentivo che lo avevo deluso una volta di troppo e adesso eravamo arrivati al limite, e avrei accettato qualsiasi sua decisione, ero troppo stanco e sfinito di combattere una battaglia che avevo perso fin dall'inizio.



La sera era calata intorno a noi e lui stava guidando da venti minuti quando esausto da quella lunga giornata chiusi gli occhi e appoggiai la testa al sedile sperando di non rivedere ancora una volta quelle scene terribili che non mi lasciavano mai solo.

Qualcosa di caldo si appoggiò alla mia pancia facendomi sobbalzare, aprii un occhio spaventato e vidi il mio Tigro.

Papà mi aveva posato Tigro in braccio.

Lo guardai sorridendo incerto e imbarazzato ancora una volta, grato per quel gesto d'amore.

Ci metteremo ancora un po'. Cerca di dormire se riesci, devi essere stanco” mi disse sorridendomi per la prima volta.

Annui e chiusi gli occhi cullato dal movimento della macchina e dalla musica della radio che aveva acceso.



Carlisle



Era stanco e si stava addormentando. Insieme ai suoi vestiti avevo recuperato Tigro dalla scogliera, lo presi e glielo misi in grembo. Sapevo che malgrado fosse grande continuava a dormire abbracciato a lui e volevo dargli un po' di conforto.

Mi sorrise e si addormentò.

Ancora una volta mi chiesi se stavo facendo bene, se la mia scelta era giusta ma non vedevo altre vie d'uscita, altri modi per aiutarlo.

Lui mi aveva seguito silenzioso e ubbidiente. Vedevo la tristezza, la vergogna e la paura nei suoi occhi. Ma si fidava di me...

Per un attimo mi venne voglia di fermarmi, girare la macchina e riportarlo a casa.

Mi sentivo un lurido traditore... sapevo che rischiavo di perdere la sua fiducia, forse per sempre.

Ma questo era l'unica cosa da fare, l'altra alternativa era aspettare la sua prossima crisi, il suo prossimo tentativo di suicidio... e questo non lo potevo permettere.



E chiudendo il cuore lo portai all'appuntamento con il suo destino





Bella



Tornai a casa che era già buio.

Mi buttai sul letto e presi i libri ma qualcosa mi impediva di studiare.

La lista di Charlie continuava a girarmi in testa. Avevo acceso il cellulare e riletta diverse volte.

Sapevo che c'era qualche particolare che mi stava sfuggendo, particolare che invece Charlie aveva notato.

Ripensai al racconto della loro storia ma non riuscivo a collegarlo con quanto avevo letto.

Decisa presi il telefono e chiamai casa Cullen volevo parlare con Alice.

Pronto sono Bella” dissi tranquillamente ben lontana dall'immaginare ciò che era accaduto e che stava accadendo in quelle ore.

Ciao Bella. Sono Esme” mi rispose sua madre.

Rimasi ferma allibita, la sua voce era irriconoscibile

C'è Alice?” chiesi dubbiosa

Si. Ma non te la posso passare. Non sta bene” mi rispose con una voce spaventosa.

E' per via di Edward?” chiesi all'improvviso conscia che probabilmente era successo qualcosa al fratello.

L'avevo sfidato e mi avevano detto che la mia vicinanza gli faceva male, collegai sentendomi sprofondare.

Si” fu la risposta monocorde.

Lei sempre così allegra e sorridente, sembrava l'ombra di se stessa.

E' colpa mia… mi spiace” scoppiai a piangere sentendomi un verme.

No. Bella. Non sei tu. Ma... è difficile spiegare.” cerco di rassicurarmi, poi prima che potessi rispondere aggiunse “Scusa ma devo lasciare il telefono libero. Sto aspettando una telefonata di Carlisle. Ma sta tranquilla Alice è con Jasper. Ci sta pensando lui a lei” e senza aspettare una mia risposta mise giù.

Rimasi con il telefono in mano a guardarlo come una sciocca. Aveva fretta, decisamente.

Era inutile insistere, nessuno mi avrebbe detto nulla... ma l'indomani mattina Alice sarebbe stata a scuola.

Dovevo parlare con lei, dovevo raccontarle della lista di Charlie e forse lei conoscendo tutto mi avrebbe aiutato a risolvere il mistero.

E agitata e preoccupata provai a chiudere occhio.

Chissà perché Carlisle avrebbe dovuto telefonarle?? Cosa stava succedendo e dove era andato Charlie di corsa? E con questi pensieri in testa mi addormentai sperando l'indomani di trovare le risposte alle mie domande.